Si chiama plastisfera ed è un nuovo ecosistema artificiale terrestre nato dall’accumulo di plastica nei mari.
Sulle tonnellate di rifiuti in PET che galleggiano nelle acque di tutto il mondo proliferano nuove forme di vita come batteri e agenti patogeni potenzialmente dannosi per l’uomo.
Si tratta di colonie formate da alghe, crostacei e invertebrati che fluttuano sulle onde, saldamente “ancorati” alla plastica. Ecco che cos’è la plastisfera e perché è importante che i biologi la studino a fondo.
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Che cos’è la plastisfera
Coniato nel 2013 dalla microbiologa marina Linda Amaral-Zettler, Research Leader al Royal Nertherlands Institute for Sea Research, il termine plastisfera deriva da “biosfera”.
Rappresenta sostanzialmente l’insieme di batteri, virus, alghe, funghi e altri organismi che vivono sui rifiuti di plastica nei mari.
Un ecosistema artificiale dove questi esseri viventi formano una pellicola organica detta “biofilm” grazie alla quale riescono a sopravvivere.
Si tratta di un fenomeno sempre più interessante da comprendere e analizzare poiché sintomo del malessere del nostro pianeta.
Un nuovo ecosistema artificiale
Le tonnellate di residui in PET non correttamente smaltiti, hanno formato delle isole di rifiuti grandi come intere nazioni.
La loro superficie rappresenta un ecosistema artificiale che negli anni è stato colonizzato da nuove forme di vita.
Anche granchi e meduse si possono trovare nei pressi delle isole di plastica e, attaccandosi a microplastiche e polimeri artificiali, fluttuano per chilometri e chilometri.
La plastisfera rappresenta una sorta di gigantesco battello ricco di batteri e virus potenzialmente dannosi per l’uomo.
Infatti, viaggiando sulla plastica nei mari potrebbero raggiungere numerosi lidi e diventare un problema per la popolazione mondiale.
In particolare, sembra che la plastisfera sia ricca di vibrioni, microrganismi portatori di colera e malattie gastroenteriche.
Plastica nei mari: la plastisfera nasconde nuovi alleati per degradarla?
Altro aspetto al vaglio degli scienziati è la possibile colonizzazione della plastisfera da parte di batteri “mangiaplastica”, come riportato dal quotidiano La Repubblica.
Thioclava sp. Bhet1 e Bacilus sp.Bhet2, per esempio, si nutrono principalmente di polietilene e potrebbero contribuire alla lotta per degradare questo materiale.
Non si tratta di una novità, ma del risultato di milioni di anni di evoluzione. Il petrolio con cui si produce la plastica, infatti, deriva da residui fossili di cui questi micro-organismi si cibano da molto tempo.
Perché è utile conoscere meglio la plastisfera
A oggi non è chiaro se i batteri appena citati siano la soluzione definitiva al problema della plastica nei mari. Certo è che potrebbero dare una grande mano a tutte le associazioni quotidianamente impegnate della pulizia degli oceani.
Conoscere meglio la plastisfera e comprendere che cosa la abita sarà una nuova priorità per i micro-biologi marini.
Tentare di arginare l’inquinamento dell’acqua agendo su questo ecosistema artificiale rappresenta quindi una nuova sfida sui cui vale la pena investire tempo e fondi.