Plastiche biodegradabili, cosa sono? Facciamo chiarezza

Negli ultimi anni, per contrastare il crescente problema dell’inquinamento da plastica, si sente parlare sempre più spesso di plastiche biodegradabili e bioplastiche. L’obiettivo di questi materiali è quello di offrire una valida alternativa alla plastica convenzionale. Ma cosa sono esattamente le plastiche biodegradabili? Come si producono e quali sono le loro potenzialità? Questo articolo analizza il tema in dettaglio.

Le plastiche biodegradabili e le bioplastiche

Anche se spesso vengono confuse, le plastiche biodegradabili e le bioplastiche non sono la stessa cosa. Ci sono alcune differenze che le distinguono:

Bioplastiche:

  • Derivano da fonti biologiche rinnovabili (come amido di mais, canna da zucchero, oli vegetali), ma non sono necessariamente biodegradabili.
  • Alcune bioplastiche, come il polietilene prodotto da canna da zucchero, sono chimicamente identiche alla plastica convenzionale e non biodegradano.

Plastiche biodegradabili:

    • Possono essere prodotte da fonti biologiche o petrolchimiche.
  • La loro caratteristica principale è la capacità di degradarsi grazie all’azione di microorganismi, trasformandosi in sostanze semplici come acqua e CO₂ in determinate condizioni ambientali.

È importante sottolineare che anche che i termini “biodegradabile” e “compostabile” non sono sinonimi. Le differenze sono spiegate nel dettaglio qui.

Definizione di plastiche biodegradabili

Plastiche-biodegradabili-e-compostabili

Le plastiche biodegradabili sono materiali progettati per decomporsi naturalmente. Questo avviene grazie all’azione di microorganismi come batteri, funghi e alghe.

A differenza delle plastiche tradizionali, questi materiali si degradano molto più rapidamente. Possono trasformarsi in sostanze semplici come acqua, anidride carbonica e biomassa attraverso un processo che avviene in tempi relativamente brevi, spesso nell’arco di mesi o pochi anni. Tuttavia, è importante notare che la biodegradabilità dipende dalle condizioni ambientali. Per esempio, alcune plastiche biodegradabili richiedono specifiche condizioni di temperatura e umidità per decomporsi efficacemente.

Per essere considerate realmente biodegradabili, queste plastiche devono rispettare specifici standard internazionali, come la norma EN 13432 europea, che definisce i requisiti per la biodegradabilità e la compostabilità dei materiali da imballaggio.

Cosa sono le plastiche biodegradabili?

Le plastiche biodegradabili non sono tutte uguali. Si tratta di polimeri che, contrariamente a quello che si pensa, possono essere sia naturali, sia sintetici. La caratteristica principale è che possono essere decomposti da microorganismi presenti nell’ambiente. Ecco le principali categorie:

  • Bioplastiche biodegradabili: derivano da risorse naturali come amido di mais, canna da zucchero, patate o oli vegetali. Esempi comuni includono il PLA (acido polilattico) e il PHA (poliidrossialcanoati).
  • Plastiche biodegradabili di origine petrolchimica: sebbene siano prodotte a partire da fonti fossili, queste plastiche sono progettate per essere biodegradabili. Un esempio è il PBAT (poliadipato-co-tereftalato).
  • Plastiche compostabili: un sottoinsieme delle plastiche biodegradabili, queste materie sono progettate per degradarsi in condizioni controllate, come negli impianti di compostaggio industriale.

Quali tipi di plastiche biodegradabili esistono?

A seconda della loro composizione e delle applicazioni le plastiche biodegradabili possono essere suddivise in diverse categorie, le più utilizzate sono:

PHA (Poliidrossialcanoati)

Sono definiti PHA quell’insieme di polimeri biodegradabili e compostabili poiché sintetizzati da batteri attraverso la fermentazione di zuccheri o oli vegetali.  La caratteristica principale dei PHA è la loro degradabilità in vari ambienti. A seconda della tipologia specifica possono essere scomposti da differenti microrganismi presenti in molti ecosistemi:

  • suolo
  • acqua
  • ambienti di compostaggio industriale

Queste caratteristiche rendono i PHA un’alternativa valida alle plastiche tradizionali.

PLA (Acido polilattico)

Il PLA fa parte della famiglia dei PHA e viene prodotto principalmente da amido di mais o canna da zucchero. Si tratta di uno dei polimeri biodegradabili più utilizzati, da cui si ricavano i sacchetti di plastica dei supermercati. Viene impiegato in una vasta gamma di applicazioni, dai bicchieri monouso agli imballaggi alimentari. È inadatto a contenere bevande e alimenti molti caldi in quanto ha una bassa temperatura di fusione. Anche se biodegradabile, il PLA richiede specifiche condizioni di temperatura e umidità per decomporsi efficacemente, create da appositi impianti di compostaggio che producono ambienti ottimali per la decomposizione.

PBAT (Polibutilene adipato tereftalato)

Il PBAT è un polimero sintetico biodegradabile che combina flessibilità e resistenza. Viene spesso utilizzato in miscele con altre plastiche per migliorare le proprietà meccaniche dei materiali biodegradabili. Viene prodotto principalmente da fonti fossili.

Chellophane

Pellicola trasparente largamente utilizzata per gli imballaggi alimentari, farmaceutici e cosmetici, il chellopane originariamente veniva ottenuto esclusivamente dalla cellulosa – polimero di origine naturale – che donava caratteristiche biodegradabili e compostabili. Oggi, però, può essere creato con aggiunta di altri polimeri organici che differenziano il metodo di smaltimento.

Produzione delle plastiche biodegradabili

La produzione delle plastiche biodegradabili può variare significativamente in base al tipo di materiale e alla fonte utilizzata. Tuttavia, il processo generale comprende alcune fasi principali:

  1. Materie prime

Le plastiche biodegradabili di origine biologica utilizzano risorse rinnovabili come mais, patate, grano, canna da zucchero o oli vegetali. Queste materie prime vengono lavorate per estrarne i componenti principali, come l’amido o gli zuccheri.

  1. Fermentazione

In questa fase, gli zuccheri o gli amidi vengono sottoposti a fermentazione, un processo che coinvolge microorganismi specifici. Per esempio, per produrre PLA, gli zuccheri vengono convertiti in acido lattico, che successivamente subisce un processo di polimerizzazione.

  1. Sintesi e modifica dei polimeri

Per migliorare le proprietà meccaniche e termiche delle plastiche biodegradabili, i polimeri ottenuti vengono spesso modificati chimicamente o combinati con altri materiali. Per esempio, il PBAT è sintetizzato attraverso reazioni chimiche tra diversi monomeri.

  1. Formulazione e produzione di prodotti finali

Una volta ottenuti i polimeri, questi vengono trasformati in prodotti finiti attraverso processi industriali come estrusione, stampaggio o termoformatura. I prodotti finali includono imballaggi, posate monouso, pellicole agricole e molto altro.

L’utilità delle plastiche biodegradabili

L’adozione delle plastiche biodegradabili offre numerosi benefici.

  • Riduzione dell’inquinamento plastico: poiché si decompongono più rapidamente, le plastiche biodegradabili contribuiscono a ridurre l’accumulo di rifiuti plastici nell’ambiente.
  • Sostenibilità: molte bioplastiche derivano da risorse rinnovabili, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili.
  • Minore impatto ambientale: la loro degradazione genera sottoprodotti non tossici come acqua e anidride carbonica.

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È da sottolineare che gli effetti benefici sull’ambiente delle plastiche biodegradabili sono valide se, nel contempo, avviene un corretto smaltimento del rifiuto. Una ricerca condotta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha infatti evidenziato che anche questi materiali, se dispersi nell’ambiente, degradano lentamente come le plastiche tradizionali.

Il ruolo delle plastiche biodegradabili nella lotta all’inquinamento plastico

L’inquinamento da plastica rappresenta una delle maggiori sfide ambientali del nostro tempo. Secondo le stime, oltre 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno, con gravi conseguenze per la fauna marina e gli ecosistemi. Le plastiche biodegradabili e le bioplastiche offrono una valida alternativa, ma è fondamentale integrarle in una strategia più ampia di economia circolare che includa la riduzione dei rifiuti, il riciclo e l’educazione ambientale.